E' possibile perdonare?

Perdonare significa donare all’altro la (nostra) rinuncia alla rivendicazione di quello che fatto.

Come faccio a donare qualcosa a chi mi ha ferito, a chi ha calpestato la mia sensibilità ed i miei sentimenti, a chi si è comportato male nei miei confronti?

La strada del perdono è davvero una via percorribile o è soltanto un’utopia?


Proiezioni ed aspettative

Per capire come sia possibile perdonare è necessario vedere le cose da altri punti di vista: molto spesso ci relazioniamo agli altri proiettando su di loro caratteristiche che vorremmo tanto avessero, ma che in realtà non gli appartengono. Ci relazioniamo all’altro con una serie di aspettative che, se non si realizzano, ci portano delusione. L’altro, a sua volta, si fa spesso vestire dagli abiti che gli diamo o, pur non indossandoli di sua sponte, vediamo che gli calzano a pennello. E quando l’altro si rivela essere per quello che è, ma che in realtà è sempre stato, sorge in noi un infinito senso di sconforto, ci sentiamo traditi e presi in giro.

Ma possiamo dire in tutta onestà che sia andata realmente così? Quante volte nei tradimenti e nei torti che hai subito ti eri fatto/a un’idea diversa della persona che avevi di fronte? Quante volte avevi intravvisto dei dettagli che ti avevano dato da pensare, ma ci sei passato/a sopra? Quante volte la tua pancia ti aveva suggerito che stavi prendendo un abbaglio, ma non gli hai dato retta?

Puoi allora affermare con coscienza che la responsabilità di quel cambiamento, di quel tradimento, sia totalmente dell’altra persona?

Attenzione, questo non significa che l’altro sia totalmente giustificato o che si sia comportato bene o che la tua ferita non sia reale, ma soltanto che forse quello che è accaduto era prevedibile e non è unicamente colpa dell’altro. Purtroppo facciamo proiezioni e abbiamo aspettative nei confronti di molte delle persone che popolano la nostra esistenza: genitori, compagni, figli, colleghi, amici. E non ci rendiamo conto che comportandoci così ingabbiamo gli altri in ruoli che stanno loro stretti, che magari interpretano per un po’ per farci un piacere. Non realizziamo che prima o poi quelle persone saranno costrette dalle circostanze o dalla loro vera essenza a rivelarsi.

A togliere il velo.

Ed ecco che nasce la delusione. 

Ed ecco che ci sentiamo feriti.

Come se l’altro avesse fatto apposta e con cattiveria ad manifestarsi per quello che è realmente, mentre in realtà lo è sempre stato.

Dunque chi devo perdonare?

Forse me stesso/a?

Casualità e sincronicità

Molto spesso gli incontri che facciano, le persone che attiriamo nella nostra vita non arrivano a noi casualmente. A volte capita che portiamo nelle relazioni più intime dinamiche che non siamo riusciti a risolvere nella nostra famiglia di origine e che queste dinamiche si ripetano fino a quando non impariamo quello che dovevamo imparare. Altre volte le situazioni accadono e basta e non esistono motivazioni o spiegazioni, se non il fatto che siano avvenute proprio a noi e, in questo caso, si prova un forte senso di ingiustizia per i torti subiti.

Alcuni studiosi sostengono che tutto quello che avviene nella nostra vita dipenda da noi e che dovremmo prendercene in toto la responsabilità. Io che non amo gli estremismi e gli assolutismi, ritengo che siamo co-creatori della nostra realtà, dunque abbiamo sicuramente una parte di responsabilità, ma non possiamo affermare che le intere sorti dell’umanità dipendano da noi.

Diventa quindi importante continuare a lavorare su di sé, a farsi domande e a prendere quello che accade come valido spunto per crescere e mettersi in gioco.


Insegnamenti

Sicuramente, al di là delle responsabilità e dei concorsi di colpa, ogni persona e ogni avvenimento porta con sé importanti lezioni di cui possiamo fare tesoro. Se è vero che tutti siamo maestri e che da ciascun incontro abbiamo qualcosa da imparare, allora forse possiamo ridimensionare gli eventi, provando a cercare per ognuno di essi il valore che ha aggiunto alla nostra esistenza.

In che modo quel fatto o quella persona ha contribuito a farmi diventare ciò che sono ora? Quali caratteristiche di me ha tirato fuori, quali sensi ha sviluppato? Che nuove modalità comportamentali mi ha fatto assumere?

Questo non significa accettare con gioia quello che l’altro ci ha fatto, ma cogliere l’occasione di quanto sentiamo di avere subito, più o meno ingiustamente, per migliorarci, per rinascere, per cambiare pelle, per tirare fuori un aspetto di noi che non credevamo neanche di poter avere.

Grazie alle ingiustizie, a volte ci rendiamo conto di possedere delle risorse incredibili e inaspettate.

Un torto subito a volte può darci la possibilità di farci delle promesse, di capire il nostro valore, di amarci di più.

D’altro canto dovremmo sempre aver ben presente che l’altra persona ha compiuto delle scelte: poteva compierne infinite altre, ma ha scelto di fare proprio quello che ha fatto, in coscienza e consapevolezza. E, per quanto possa farci male, ha agito in quel modo perché in quel momento, date le sue condizioni, le sue caratteristiche e la sua storia personale, quello era il meglio che potesse fare. Questo ci può aiutare a capire se desideriamo avere ancora nella nostra vita quella persona o quel tipo di persona.


Il meglio di sé

Partire dal presupposto che chi ci sta accanto fa del suo meglio è un buon modo per lavorare sul perdono. Se prendiamo per buono che noi stessi in prima persona facciamo sempre il meglio che possiamo fare (d’altra parte se potessimo fare meglio lo faremmo, no?), allora non possiamo confutare che ciascuno nel mondo faccia lo stesso. D’altra parte non sta a noi giudicare l’operato altrui, così come non sta a noi occuparci della legge del karma (se ci crediamo) augurando agli altri che ricevano quello che hanno seminato.

Noi possiamo fare del nostro meglio dando una direzione diversa alla nostra esistenza sulla base degli ultimi avvenimenti o degli ultimi incontri che abbiamo fatto: come sempre possiamo occuparci soltanto di noi stessi, del nostro cambiamento, della nostra crescita personale.

Non siamo noi a dover cambiare gli altri, mai, anche se ci sembra che il cambiamento che vorremmo apportare nella vita altrui sarebbe per l’altrui benessere.


Lasciar andare una parte di sé

Detto questo, perdonare è difficile, sì.

Difficilissimo.

Dopo la rabbia iniziale per quello che è avvenuto, spesso subentra la delusione, a volte la voglia di vendicarsi o di augurare all’altro il peggio, ma la verità è che tutto questo a noi non farebbe bene. Che ritorno emotivo positivo potremmo avere dalla vendetta? Che ritorno energetico?

E in verità, perché siamo arrabbiati? Perché l’altro non ha seguito la linea tratteggiata che avevamo disegnato per lui/lei? Perché sotto agli abiti che gli avevamo disegnato ne aveva altri che non ci piacciono? Non sarà forse che il forte senso di delusione arriva da aspettative che non si sono realizzate? Non sarà allora che la vera fatica nel perdonare stia nel dover lasciare andare una parte di noi stessi alla quale ci eravamo molto affezionati?

Ecco perché a mio avviso il perdono è un atto che poco ha a che fare con l’altra persona: il perdono è un regalo che facciamo a noi stessi. Perdonando, facciamo – in un certo senso - pace con gli eventi e diamo modo a quanto accaduto di inserirsi nella storia della nostra vita in maniera evolutiva.


Iresha Totaro

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